Da quando ho imparato ad arrampicare ho sempre amato leggere le storie dei grandi che hanno segnato la storia dell’alpinismo. Lo so, l’affermazione suona banale ma non potendo viaggiare nel tempo ed assistere alla salita sul Pilone Centrale del Freney di Bonatti e compagni o a qualcuna delle altre grandi avventure della storia dell’alpinismo, mi sono rifugiato nei libri che le raccontavano. Ovviamente ho sempre fatto il possibile per conoscere personalmente i protagonisti di queste storie e molte volte ho avuto la fortuna di frequentarli anche in ambiente alpinistici. Uno dei temi che avrei voluto vivere dal vivo ma mi rimanevano inavvicinabili era la vita del Camp 4 in Yosemite (pron. iosémiti) Rivivere le avventure di quel gruppo di ragazzi che negli anni 60 e 70 avevano sconvolto la storia dell’arrampicata su roccia.
Certo Grassi, Motti e i loro amici avevano scritto degli articoli interessanti su questo periodo ma rimaneva molto difficile capire veramente cosa era accaduto laggiù. Non rimaneva che andare a vedere di persona. Per circa nove anni ho passato una parte delle mie vacanze nel Parco cercando di incontrare alcuni dei climber che apparivano nel mitico libro fotografico: “Yosemite Climber”. Nulla: sembravano spariti. Ovviamente io frequentavo il parco nel mese di agosto quando la maggior parte dei climber americani sono altrove ma questo non potevo cambiarlo, il lavoro me lo impediva. Un amico americano che arrampicava molto bene me lo disse un giorno: “Devi venire alla fine di settembre o addirittura in ottobre , adesso fa troppo caldo…”
Alla fine del 1999 un contatto con la Kong mi permise di proporre un documentario sull’arrampicata in Yosemite e proprio in una riunione per decidere come introdurre lo sponsor senza essere troppo oppressivo, (in effetti mi davano solo un po’ di materiale) il responsabile delle PR buttò lì con aria tranquilla: ” Ti piacerebbe filmare Jim Bridwell? Lavora per noi e potrei chiedergli di mettersi a tua disposizione per qualche giorno”
Bridwell? Il mito di Yosemite?. L’uomo che per primo al mondo aveva aperto in libera delle vie con passaggi di 6c e di 7a! L’uomo che aveva concepito e realizzato di salire il Nose in giornata, l’uomo di cui si raccontavano più storie e aneddoti che di chiunque altro nella storia dell’arrampicata americana. L’uomo che avrebbe potuto raccontarmi cosa veramente accadeva nelle tende del Camp 4. Bridwell il climber americano più forte quando gli americani erano i più forti del mondo? Dissi di si, cercando senza molto successo di mantenere un tono calmo e tranquillo, come se filmare Bridwell fosse la cosa più normale del mondo.
Dai tre viaggi successivi in Yosemite uscì il film Jim Bridwell: the Yosemite Living Legend che è stato pubblicato da Vivalda nella collana Capolavori della Montagna. In ottobre, scoprii, si incontrano nel Camp 4 anche dieci o quindici dei più forti climber del mondo nello spazio di poche decine di metri. Si incontrano i nomi che riempiono le cronache di tutte le riviste di alpinismo del mondo!
Mancava però qualcosa. Un film non permette di parlare troppo (e già il documentario, essendo una cronaca della carriera di Bridwell era fin troppo parlato) ma soprattutto non si riesce ad approfondire il carattere del personaggio pena l’ottenere un film troppo psicologico, poco spettacolare e dunque noioso. Il film è un compromesso in questa direzione ma decisi che potevo fare di più. Mentre montavo il DVD scoprii che Jim aveva pubblicato in USA un libro di racconti (molto autobiografici) sulle sue avventure più intriganti e spettacolari. Il libro non era mai stato pubblicato in Italia. Proposi a Versante Sud e cioè a Bruno Quaresima la traduzione del libro e il completamento del personaggio con una serie di capitoli scritti da Giovanni Groaz (compagno di varie prime salite con Bridwell) e da me.
Il risultato è Jim Bridwell: THE BIRD (la copertina è la foto d’apertura del post) e mi sembra che sia un risultato molto soddisfacente perché unisce le storie più interessanti della carriera di Jim, scritte da lui, ma anche molti aneddoti che girano in America nel mondo dei climber e varie storie più private scritte da Groaz che lo ha frequentato negli ultimi trent’anni.
Un buon libro che mi ha permesso di avvicinarmi, di conoscere e… di arrampicare con un mio mito. E quest’ultima cosa, ve lo assicuro, non capita tutti i giorni.