Nel 1983 Scrivevo già articoli con fotografie da almeno 15 anni per varie riviste di vela, volo, alpinismo, viaggi etc
Avevo anche girato in super8 e in 16mm qualche spezzone per mio piacere ma niente mi faceva pensare che avrei lasciato la professione d’architetto per passare al cinema professionalmente. Come ho scritto più volte, ho sempre amato varie attività sportive che seguivo, alcune più seriamente, altre in modo più “morbido”. Andavo in montagna da quando avevo 10 anni e a 14 avevo salito il Campanil Basso di Brenta come premio per una maturità decente. Poi negli anni 60 mi ero avvicinato alla vela e avevo fatto vari anni sia sulle derive (Flying Dutchman) che sulle barche grosse… all’inizio degli anni 70 avevo preso il brevetto di pilota e da allora ero impazzito per il volo. Andavo a Venegono all’aero-club due volte alla settimana e spesso stavo una o due ore in più a seguire le evoluzioni dei Mb 339 ( l’aereo delle Frecce Tricolori) che venivano costruiti lì e che spesso facevano voli-officina. Cercavo in ogni modo di proporre servizi fotografici ma senza fortuna fino al giorno in cui mi inventai come regista e proposi un documentario per la RAI con l’intervista al progettista Ermanno Bazzocchi. BOOM! Successo!
Dopo due mesi di accordi con Canale 5 ( la RAI si era defilata…) e con l’Aermacchi, mi ritrovai in segreteria la telefonata che mi dava la data per i voli: svenimento. Non sapevo maneggiare una 16 mm professionale e non c’era posto nel cockpit per una grossa telecamera…
Passai sette serate con un amico regista che mi spiegò come filmare, cosa non fare e, possibilmente, cosa fare.:” In ogni caso – mi disse- nel jet non puoi muoverti e quindi devi solo puntare a sinistra e schiacciare il bottone.” (a destra non potevo perché il casco mi impediva di spostarmi a destra senza urtare il guscio trasparente del cockpit.
Poi mi ritrovai di fronte all’intera squadra dell’AerMacchi a Venegono Inferiore. Il Comandante Bonazzi, capo dei collaudatori, mi spiegò con calma cosa avrei dovuto e cosa non avrei dovuto fare a bordo del jet
e mi fece vedere cosa avrei dovuto fare per eiettarmi in caso di problemi… lasciando a bordo l’Arriflex (dovevo posarla dove normalmente c’è l’Head Up Display che era stato tolto per permettermi di filmare davanti a me…
Mi spiegò come far arrivare l’ossigeno al 100% dopo ogni manovra e dove vomitare in caso non fossi riuscito a trattenermi.
Andammo sulle Alpi con un secondo jet per poter filmare le oggettive mentre Gianni Hotz filmava le soggettive. Poi per non sapere né leggere né scrivere facemmo una seconda missione di volo invertendo aerei e ruoli …. in caso ci fossero stati del problemi con le pellicole.
Al ritorno fui nervoso per due giorni mentre attendevo le pellicole di ritorno dal laboratorio. Fortunatamente tutto andò bene e il montaggio fatto a Canale 5 fu un successone. Ricevetti anche un telegramma dall’Aeronautica di Roma con i complimenti. Canale 5 mi chiese se avevo altre idee per servizi di questo genere e da lì partì la mia carriera di filmmaker in televisione.
Il documentario che montai con l’aiuto del giornalista professionista, che si vede nelle immagini, conteneva anche una lunga intervista a Ermanno Bazzocchi che aveva progettato il jet e una serie di film storici sulla varie Pattuglie Acrobatiche dagli anni ’20 in poi che avevo richiesto a Roma nella sede dell’Aeronautica e che mi avevano concesso con molta difficoltà perché le pellicole più vecchie erano in gran parte costruite con materiale altamente infiammabile e non amavano maneggiarle per quello che credevano essere un normale servizio televisivo. Si sbagliavano e oltre al telegramma che ricevetti, e di cui parlo più sopra, il film mi aprì varie porte tra cui quella più importante fu la possibilità di salire su un aereo da trasporto per filmare da vicino (!) due Tornado che facevano manovre a .4000 metri al tramonto col sole proprio impallato dietro di loro per il film Making Technology di Finmeccanica…
Qui sotto potete vedere alcune delle immagini del volo che furono girate in due missioni dove io e Gianni Hotz ci scambiammo la posizione sui due aerei per essere sicuri che almeno una cinepresa avesse filmato al meglio le stesse manovre.
Il giornalista mi chiama Mario Radici e l’avrei strozzato, ma pazienza.